I M P R I N T I N G

"Degli Imprinting - Lab IV prof. Antonino Saggio"



Ad oggi la città metropolitana di Roma è rappresentata da un groviglio di vari elementi, quali infrastrutture, quartieri, case e soprattutto da persone incluse la mia famiglia ed io. Il mio personale percorso di crescita si estende maggiormente durante la permanenza nel quartiere di San Giovanni e più dettagliatamente nella zona della Stazione Metro C di Lodi, in cui ho vissuto per 12 anni. Vari elementi hanno caratterizzato la mia vita quotidiana, ricordo bene la forte presenza dei cantieri metropolitani che hanno avuto un forte impatto sulle relazioni interne al quartiere e sulla viabilità, d’altro canto invece ci sono stati elementi che sono rimasti immutati nel tempo come le grandi basiliche di San Giovanni in Laterano e di Santa Croce in Gerusalemme oppure le mura aureliane, l’anfiteatro Castrenze e gli acquedotti romani.



In questo processo di trasformazione continua dell’insediamento urbano l’unico protagonista rimasto inalterato è stato l’acquedotto. Quest’ultimo è rimasto spettatore continuo dei cambiamenti e spesso è diventato elemento vincolante delle scelte architettoniche e urbanistiche del quartiere. I tratti che maggiormente mi colpirono furono particolarmente quello adiacente a piazza Lodi, in cui si affaccia la scuola primaria ‘Armando Diaz’, o il tratto che costeggia la stessa scuola in cui parte dell’acquedotto è diventato area a servizio ludico, fino ad arrivare al tratto più caratterizzante a parere personale, quello in cui la tangenziale-est inizia la sua discesa per inserirsi nel contesto urbano e nel suo tragitto incontra direttamente l’acquedotto a cui si deve adattare e che lo costringe a ristringersi in termini di larghezza.










Questa sezione dell’antica costruzione romana rappresentava ieri come oggi un ricordo molto prezioso. Di fatto nel momento stesso in cui si girava l’ultima curva della tangenziale che costeggia l’edificio dell’ex-pastificio Pantanella, e si intravedevano gli alti archi dell’acquedotto percepivo una sensazione di appartenenza a quel luogo e soprattutto una sensazione di arrivo. L’istante più emozionante era attraversare quella soglia immaginaria che rappresentava un varco di accesso del quartiere e soprattutto alzare gli occhi al cielo per vedere le alte mura così antiche ma anche così forti e imponenti. Le mura aureliane sono altro elemento caratterizzante dell’area, in particolare per il piccolo parco di Carlo Felice in cui mi sono ritrovato molte volte per svago, e che rappresentano un elemento di importantissimo rilievo. La sensazione di giocare e passeggiare vicino a un così monumentale oggetto era sempre lo stesso, quello di protezione e di difesa associata ad un momento quasi di isolamento dal caos della città.



Il paesaggio urbano cerca di interagire con questo tipo di elementi ma il più delle volte vengono lasciati senza alcuna funzione con il solo scopo estetico e non funzionale, queste aree diventano sempre più degradate e casa di senzatetto e piante infestanti. Se ciò succede in aree urbane, in modo altrettanto spiacevole accade in aree periferiche e quindi come abbiamo riscontrato in prossimità dell’Aniene, obbiettivo quindi diventa non solo la localizzazione di un nuovo elemento o intervento multifunzionale ma diventa un’occasione di valorizzazione dell’area e dei suoi elementi costituenti, soprattutto quelli naturalistici. Il sopralluogo ha messo in evidenzia come il processo di degrado e non curanza e sempre più rilevante ciononostante piccoli interventi di livello locale, all’interno delle aree verdi, che anche se di dimensioni ridotte riesco a valorizzare queste aree e a contribuire al decoro del parco.

Le due parole chiavi sono: Mutabile e Interazione

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